Rafinha và in Erasmus

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Immagine a cura di Matteo Masciocchi

Rafinha se n’è andato da Barcellona per diventare grande. Lontano dall’ovile, dovrà responsabilizzarsi.

L’avvio di stagione dell’Inter di Spalletti aveva stupito tutti, appassionati e addetti ai lavori. Nonostante gli ottimi risultati ottenuti dai nerazzurri, però, lo stesso tecnico di Certaldo aveva dichiarato a più riprese quanto avrebbe gradito un intervento sul mercato da parte della società, per limare alcuni problemi di lunghezza della rosa che avrebbero potuto condizionare i suoi sul lungo periodo. È ormai storico il siparietto ai microfoni di Mediaset in cui l’ex tecnico di Zenit e Roma, non trattenendo il suo accento toscano e senza troppi giri di parole, dichiarò al termine della gara terminata 1-1 contro la Fiorentina un emblematico “pure la mi mamma sa che mi manca un difensore centrale”, che ha fatto velocemente il giro del web.

L’Inter, infatti, era arrivata alla prima posizione attraverso un’identità di gioco che l’aveva resa coriacea e molto solida e vincendo diverse gare per 1-0, evidenziando lo stato di forma di alcuni singoli che stavano rendendo molto al di sopra dei loro standard abituali. Nonostante ciò, oltre alla già citata coperta corta nel ruolo di difensore centrale, Spalletti poteva contare su pochi centrocampisti di livello (4 per la precisione), dovendo essere spesso costretto a schierare obbligatoriamente i soli Gagliardini, Vecino e Borja Valero a causa dell’assenza dell’infortunato Brozovic.

Nonostante ciò, la proprietà cinese non poteva permettersi grandi investimenti dal punto di vista economico per non incappare in sanzioni legate a fair-play finanziario e così, cercando di piazzare il colpo secondo la formula del prestito con diritto di riscatto, a gennaio sono arrivati due giocatori in cerca di rilancio: Lisandro Lopez, difensore centrale del Benfica e Rafinha Alcantara dal Barcellona.

Entrambi reduci da alcune problematiche fisiche, i due nuovi arrivi dell’Inter devono dare una svolta alla loro carriera e, mentre il difensore argentino attende l’occasione giusta per poter dimostrare il suo valore, il centrocampista cresciuto nella Masia è alla prima vera esperienza in cui viene responsabilizzato.

Rafinha è atterrato al Melià nella serata del 21 gennaio scorso e da quando ha compiuto i primi passi a Milano da giocatore dell’Inter deve essersi subito reso conto del suo cambiamento di status all’interno del suo nuovo club. All’Inter Rafinha non rappresenta più un ingranaggio del sistema che viene schierato in campo solo in occasione di turnover, bensì un elemento chiamato a prendersi dei rischi e ad entrare in un sistema in cui da onesto mestierante è chiamato a trasformarsi nel direttore delle operazioni dei neroazzurri.

Al netto di un periodo di ambientamento dovuto alla concezione del calcio della squadra di appartenenza (periodo che il brasiliano sta vivendo tutt’ora), Rafinha ce la farà a prendere per mano il biscione e a dare una mano ai neroazzurri affinché riescano a tornare in Champions?

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Simeone segna il gol che il 232412 dicembre scorso, inchioda l’Inter sull’1-1 al Franchi al 91′. Nel post partita si verificherà il famoso sfogo di Spalletti accennato in precedenza e che probabilmente tutti avete visto almeno una volta (a patto non viviate sulla luna). (foto ANSA)

Parlando di Rafinha, parliamo di un giocatore molto abile tecnicamente, in grado di ricoprire sia il ruolo di mezz’ala che quello di trequartista e all’occorrenza quella di esterno alto, come dichiarato dallo stesso Spalletti, che lo ha definito <<un jolly che può giocare ovunque>>.

Abile nelle soluzioni nello stretto e nella gestione del possesso palla, il brasiliano è un centrocampista completo a livello di soluzioni di gioco e di possibilità in campo con il pallone tra i piedi. Nella scorsa stagione ha collezionato 18 presenze, la maggior parte da subentrato e non con avversari di primissimo livello. Nonostante ciò, Rafinha ha fatto registrare il 93% di possesso palla, mettendosi sullo stesso piano di efficenza – ovviamente con le dovute proporzioni – di gente come Modric (90%), Kroos (92%), Roque Mesa (91%).

Al di là della differente quantità di minuti giocati tra i centrocampisti presi come termine di paragone e il centrocampista brasiliano, possiamo dunque considerare come appurata l’abilità di Rafinha nel gestire il pallone, abilità che diventava estremamente pericolosa in un contesto come quello del Barça.Rafinha, infatti, non era a

ffatto un gestore del pallone passivo e la cifra tecnica azulgrana ha valorizzato la sua vena creativa, riassunta dalle 16 occasioni da gol prodotte nelle sue 18 presenze tra campionato e coppa. Presenze riassumibili in 1078 minuti di gioco: una occasione prodotta, dunque, ogni 60 minuti su un prato verde.

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L’unico assist finora realizzato da Rafinha a Milano. Certo, gran merito del gol è di Karamoh, che si accentra palla al piede e realizza un gran gol con il sinistro. Allo stesso tempo, però, va evidenziata l’intelligenza di Rafinha nell’occupare lo spazio di mezzo e nel servire subito il pallone di ritorno al francese senza perdere tempi di gioco.

A livello di dribbling e conclusioni, Rafinha è un buon giocatore anche se non si colloca sugli stessi standard di palleggio e controllo palla. Spesso, infatti, il prodotto del settore giovanile del Barcellona forza la giocata o risulta impreciso nelle conclusioni, andando al tiro con soluzioni troppo deboli e velleitarie per causare particolari problemi alle retroguardie avversarie. Negli uno contro uno, il brasiliano ha di sicuro dalla sua un ottimo controllo palla ma non è molto forte negli arti inferiori e a livello fisico in generale, non risultando sempre determinante nel creare superiorità numerica. Per fare un raffronto semplice con gli altri giocatori a cui è stato paragonato in precedenza, Rafinha ha eseguito 0.7 dribbling a partita nella scorsa Liga, dato inferiore a quelli di Roque Mesa e Kroos, che ne completano uno a partita, e di Modric, che triplica il dato del brasiliano realizzando 2,1 dribbling a partita. Va detto che il paragone in questione non è fatto con giocatori dalle spiccate doti nell’uno contro uno bensì con elementi che potrebbero rappresentare una legittima evoluzione del neo-acquisto neroazzurro per il proseguo della sua carriera, giocatori non eccellenti nel dribbling puro e semplice ma che hanno saputo migliorare questo aspetto del loro gioco capendo come sfruttare le loro caratteristiche. L’esempio più lampante di questa crescita è Modric, che è passato da regista puro nel suo periodo al Tottenham, a centrocampista all-around a Madrid, migliorando il suo dinamismo e riuscendo a sfruttare la sua doti fisiche e la sua capacità nel controllo palla nel saltare il diretto avversario.

Dal punto di vista tattico, come già anticipato dalla citazione di Spalletti riportata in precedenza, Rafinha può giocare ovunque a centrocampo e, all’occorrenza, può ricoprire anche il ruolo di esterno alto nel tridente d’attacco, come ha fatto spesso al Barcellona. La duttilità del brasiliano è certamente una delle sue migliori qualità e forse una delle caratteristiche principali che hanno spinto la dirigenza dell’Inter a puntare su di lui.

Il ruolo prediletto di Rafinha è quello di trequartista, dove può far valere la sua capacità nel muoversi tra le linee e nell’offrire linee di passaggio ai compagni. La posizione da trequartista conferisce a Rafinha una centralità all’interno del gioco della sua squadra che gli permette di far valere tutte le sue qualità. Una posizione più vicina alla porta, che a Barcellona non ricopriva visto che veniva schierato o da mezzala o da trequartista, permette al brasiliano di poter creare di più per i compagni e di sfruttare la sua abilità nel buttarsi negli spazi attaccando la profondità. Nella stagione 2013/14, quando ha giocato in prestito al Celta Vigo, ha disputato la sua prima vera (e finora unica) stagione da titolare proprio in quella posizione. Il risultato? 4 gol, 5 assist e 1,6 passaggi chiave di media a partita. Non male per un giocatore che quattro anni dopo è ancora considerato una promessa.

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Un gol risalente alla stagione al Celta e che risulta un’emblema delle capacità senza palla di Rafinha. Jony gioca la rimessa su Charles, che si è allargato per liberare spazio in mezzo all’area. Rafinha attacca il primo palo e anticipa il suo marcatore segnando di testa.

Il talento di Rafinha non è mai sbocciato del tutto nonostante il brasiliano abbia certamente delle ottime qualità, al di là di alcun e lacune che sembrano essere migliorabili.I problemi che suscitano i più dubbi a riguardo del suo rendimento sono altre e – in un certo senso – sono problematiche extra-campo.

Prima di tutto, ciò che salta subito all’occhio osservando alcuni dati riguardanti le passate stagioni disputate dal brasiliano, è il suo scarso minutaggio. Come detto prima, Rafinha era calato in un sistema come quello del Barcellona, in cui spesso aveva un ruolo da comprimario. Al di là di questa considerazione, però, lo scarso impiego della mezzala brasiliana è dovuto anche alla sua inclinazione ad infortunarsi. Nel 2015 subisce il primo infortunio serio al legamento crociato del ginocchio destro, con la prognosi che – come in tutti questi casi – non è mai clemente: sei mesi di stop. Al suo rientro fatica a tornare al top fisicamente e gioco a singhiozzo per problemi muscolari che non gli permettono di trovare continuità durante la stagione 2015/16.

Nella scorso campionato, nonostante qualche stop, sembrava essere pronto a consacrarsi nel Barcellona ma ad aprile arriva un’altra delusione, con il menisco che fa crack e costringe Rafinha a altri otto messia box.A differenza di suo fratello Thiago, incline ad infortunarsi ma in grado di riuscire a riprendersi il posto nelle gerarchie del Barça prima e del Bayern poi, Rafinha sembra fare più fatica a rialzarsi dopo gli infortuni che lo hanno colpito nelle ultime stagioni. All’Inter il brasiliano dovrà trovare una condizione ottimale per poter rendere al 100% e con continuità per fornire un contributo decisivo alla causa neroazzurra.

Il secondo problema che sembra poter creare problemi a Rafinha è di carattere mentale. Al di là delle gerarchie del Barcellona e della difficoltà a trovare continuità dal punto di vista fisico, Rafinha era inserito in un contesto tattico che certamente lo ha aiutato a rendere bene nei momenti in cui è stato chiamato in causa ma che allo stesso non lo collocava in una posizione centrale nell’economia della squadra. Rafinha all’Inter dovrà trovare la sua nuova comfort zone e prendersi molte responsabilità, cercando di dare una serie di soluzioni nuove al centrocampo dell’Inter.

Nelle prime gare del brasiliano si sono già visti dei segnali incoraggianti, sopratutto nelle gare in cui è subentrato dalla panchina, come in occasione della gara contro il Bologna. Subentrato dalla panchina, Rafinha gioca un’ottima gara fatta di corsa impegno e qualità contro gli emiliani per poi offrire una prestazione deludente alla prima da titolare evidenziando sia alcune difficoltà dal punto di vista fisico e dei problemi anche nel decision making, dimostrando quantoil processo di crescita del brasiliano sia ancora lontano dalla sua conclusione.

Rafinha e Thiago che giocano dentro lo stadio del Celta, il Balaidos. La qualità è sempre stata nel loro dna. La capacità di tornare al 100% dopo gli infortuni sembra appartenere solo al regista del Bayern, purtroppo.

Rafinha è dunque un elemento qualitativamente valido e duttile sotto molti punti di vista, identikit perfetto per i nerazzurri. Una volta che avrà trovato la quadratura del cerchio dal punto di vista fisico, sarà fondamentale capire come riuscirà ad inserirsi nel contesto dell’Inter per portare un aiuto concreto alla causa degli uomini di Spalletti. Come molti giocatori nati e cresciuti nella Masia e che hanno mosso i loro primi passi nella prima squadra del Barcellona, un cambiamento di maglia che comporta il prendersi maggiori responsabilità, potrebbe condizionare la carriera di Rafinha, che ha 25 anni ma ha giocato solo una vera stagione da protagonista (la già citata annata al Celta).

Bojan, Tello, Jeffrey e Cuenca sono solo gli esempi di quattro dei tanti canterani che si sono sciolti come neve al sole lontano dall’ovile, schiacciati da una quantità di aspettative che non avevano mai dovuto sostenere in terra catalana. Rafinha sembra poter essere un giocatore diverso ma il tempo non è certamente dalla sua parte: il secondogenito di Maninho dovrà dimostrarsi molto utile nelle ultime dieci gare che restano all’Inter per inseguire la Champions.

Dieci gare che potrebbero decidere la carriera del fantasista brasiliano, che verrà rispedito al mittente in caso non dovesse riuscire a rispettare le attese della società dell’Inter. In un momento non semplicissimo dal punto di vista economico dei nerazzurri, i 35 milioni (cifra a cui è stato fissato il riscatto di Rafinha) sembrano poter essere uno scoglio insormontabile a meno che lo stesso Raffina non dimostri tutte le sue qualità in questo finale di stagione.

Un finale di stagione che potrebbe definire la carriera: dieci gare per spiccare il volo oppure diventare un altro ‘what if’ partorito dalla Masia.

Articolo a cura di Matteo Coral

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